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Distanza: Km
Quota minima: metri
Quota massima: metri
Dislivello: metri

Si parte dallo Stadio del ghiaccio Asiago in direzione di Camporovere; passata la località si prosegue in direzione Trento per circa 3 chilometri.

Abbandonata la strada della Val d’Assa che da Camporovere porta verso le Vezzene si sale per Val Scaletta. Proprio all’incrocio tra le due carreggiabili, sulla sinistra per chi sale verso il bivio di Basa Senocio, insisteva un importante Hilfplatze (quota 981 m. - ospedale reggimentale austroungarico). Qui venivano smistati i malati e feriti che giungevano dalle prime linee su barella o a dorso di mulo; caricati su carrette venivano spediti al Ghertele (1130 m.), i più gravi proseguivano per Osteria Termine, Monte Rovere…Trento.

Più avanti, al bivio che conduce a Casara Meatta e Portule o Val Galmarara, si trovava un altro ospedale di primo soccorso A.U. Qui operava la III sezione di Sanità Imperiale

Dopo aver preso la destra alla biforcazione denominata “Basa Senocio”, si entra nella vera e propria Val Galmarara. La zona costituiva la retrovia per i soldati austroungarici che davano il cambio alle linee del Monte Zebio. Dopo alcuni tornanti la strada si raddrizza, pur mantenendo un livello di pendenza impegnativo. Sulla destra per chi sale, in un piccolo slargo, è visibile la tomba di un soldato boemo. L’altura sovrastante è il monte Mosciagh (a destra per chi sale la valle), sulle cui spianate insistono 4 cimiteri di guerra, questi, a differenza di molti altri dell’Altopiano, conservano ancora (come per i cimiteri britannici) le salme dei caduti.

Superata Malga Galmararetta (1488 m.) si giunge al bivio di Malga Galmarara, con alla sinistra l’omonima casera per l’alpeggio del bestiame. Sulla spianata davanti all’edificio sono ancora visibili i resti perimetrali di un grande cimitero militare con al centro una croce commemorativa in legno.

Ancora tornanti e salita per giungere in vista del Rifugio Tre Fontane (1874 m.), con una parte sempre aperta. La parte chiusa è gestita dagli Alpini di S. Caterina di Lusiana. Recentemente è stato ristrutturato come pure riattata la strada che conduce all’edificio.
Lungo la carreggiabile che porta al primo bivio in quota 1987 m. si notano i resti di numerose baracche costruite con muti a secco.
Nell’immediato dopoguerra queste strutture si presentavano ancora in buone condizioni statiche, i recuperanti di materiale bellico hanno sfruttato anche le coperture in lamiera degli edifici.
A quel punto la loro distruzione a cura degli elementi atmosferici è stata progressiva e inesorabile. Al bivio è visibile un cippo che ricorda il generale comandante la 6^ Divisione di Fanteria A.U. Artur Edlen Von Mecenseffy.
All’ufficiale si devono molte opere fatte costruire in zona.

A tal proposito, una volta giunti a Bivio Italia, ove vi era una costruzione adibita a bivacco per pastori prima della guerra, la sguardo spazia su una innumerevole mole di costruzioni, di cui son rimaste poche vestigia perimetrali.
Sostando a Bivio Italia, con le spalle ad Asiago, si volga lo sguardo verso sinistra, cioè verso
Campo Gallina, dominata dall'imponente Monumento agli Eroi -dove durante la Prima Guerra Mondiale esisteva una vera e propria cittadina austriaca a quasi 2000m di quota, con tanto di cinema, chiesetta, ricoveri, magazzini.

Tenendo la destra al bivio si scende di quota percorrendo la “Kaiser Karl Strasse”, in memoria del principe austriaco salito al trono alla morte dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Dopo pochi minuti si nota sulla destra, rialzato rispetto al piano stradale, un rifugio in muratura a secco e copertura in lamiera (attenzione: è visibile solo da chi percorre la strada in direzione Ortigara). Si tratta di un comodo baito a disposizione degli escursionisti. All’interno v’è possibilità di rifocillarsi con un caffè e il caminetto.

Proseguendo ancora per questa via denominata “Sentiero della Pace” si giunge dopo una ampia curva alla zona dei combattimenti per la conquista dell’Ortigara. Sulla destra il Monte Campigoletti con i rifugi in grotta del 7° Battaglione Feldjäger.
In zona è stato recentemente ristrutturato il cimitero austroungarico, ai lati della croce incastonata su muri a secco sono presenti due targhe commemorative in lingua tedesca. Traduzione lapide A) “Voi valorosi camerati, che qui riposate solitari, siete ringraziati per le vostre azioni,, per il vostro coraggio eroico! Fedeli al vostro dichiarato giuramento, avete combattuto con mano ardita per la nostra Madrepatria fino alla morte” Gli Jäger del Settimo riconoscenti”. Lapide B) “Qui riposano coloro che combatterono con coraggio eroico nella battaglia del Monte Campigoletti del K. U. K. Battaglione Jäger Nà 7. Anno Domini 1916”.

L’ultimo tratto (circa 20 minuti) per raggiungere la cima è da percorrere con la bici a mano visto il terreno impervio e ripido.
La cima del Monte Ortigara si staglia sulla sinistra, brulla e sbiancata dal pietrame a cui i numerosi scoppi di granate hanno tolto la terra. La vetta è denominata “Il calvario degli Alpini”, a causa del gran numero di perdite che i reparti subirono nei vari scontri. Il versante nord della vetta è ricco di ricoveri in grotta, qui si riparavano le truppe imperiali durante i bombardamenti italiani. A fine guerra la Relazione Ufficiale Italiana rese noti i numeri legati a quelle battaglie nell’anno 1917: 983 ufficiali (tra morti, feriti e dispersi), 24.216 soldati di truppa. Per quanto riguarda il conto dei dispersi, nella maggioranza dei casi si tratta di soldati morti e non potuti identificare o ricuperare.
Dall’altro fronte le perdite per il difensore austro ungarico furono molto meno pesanti: 251 ufficiali e 8577 soldati di truppa. Circa un terzo di quelle patite dagli italiani.
Sull’acrocoro sono presenti due importanti monumenti, la colonna mozza venne posta dall’Associazione Nazionale Alpini “Per non dimenticare”. Il cippo austroungarico riporta le scritte: (trad.) “Ortigara – Le Pozze giugno 1917. I Combattenti austriaci sopravvissuti ai loro indimenticabili compagni caduti in questi luoghi”

Un lungo percorso tra pietraie e pini mughi attraversa il Vallone dell’Agnella e dell’Agnellizza. La grande spianata vide per settimane i tentativi italiani per la conquista della vetta infrangersi con migliaia di caduti. Abbandonando quindi la “Zona Sacra dell’Ortigara”, si scende di quota, anche qui con la bici a mano (pochi tratti risultano ciclabili), giungendo così alla chiesetta del Lozze (1969 m.) e al Rifugio G. Cecchin (1900 m.). il rifugio porta il nome di un giovane sottotenente che, nonostante ferito, riuscì a condurre all’attacco la sua compagnia sull’Ortigara. Attorno alla cappella un tempo si trovava una grande baraccopoli, la piccola pieve votiva venne eretta durante la guerra dagli alpini del Btg “Verona”.

Dalla chiesetta del Lozze c’è una strada militare che porta all’omonimo piazzale. Da qui si possono scegliere diverse varianti tra cui quella che in questo itinerario è la più facile che porta, dopo diversi saliscendi fino a Campomuletto e Campomulo
Da queste località, seguendo l’asfalto, si giunge al paese di Gallio e Asiago, base di partenza dell’itinerario.

Diclaimer

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